La preoccupazione adombrava la serenità dei lavoratori già da qualche giorno. Un salto indietro di qualche mese, per ricostruire la vicenda. Il 18 febbraio di quest’ anno, a Roma, è stato firmato l’accordo di programma “per il rilancio e lo sviluppo industriale delle aree interessate dalla crisi del Distretto del mobile imbottito della Murgia”. Tale accordo, ricordiamo, è stato sottoscritto a Roma l’8 febbraio scorso con il Ministero dello sviluppo economico, la Regione Basilicata e Invitalia. La durata è di 36 mesi e prevede complessivamente un impiego di 101 milioni di euro così ripartiti, 40 milioni di euro del Mise, altri 40 milioni dalla Regione Puglia e 21 milioni dalla Regione Basilicata. Allora, perché questo stato d’agitazione? Perché i lavoratori si sentono presi in giro da Pasquale Natuzzi? – ha spiegato l’ rsu Cgil, Massimo Vasco – il quale dopo aver sostenuto per diversi mesi che l’azienda avrebbe presentato una manifestazione d’interesse alla presenza dell’accordo di programma stesso,ha poi preferito rintanarsi in un pesante silenzio?. Poi, 3 giorni fa, a Santeramo in Colle nella sede del core business del noto brand del mobile imbottito pugliese, la presentazione dell’avvenuto perfezionamento del già menzionato accordo di programma alla presenza del presidente Nichi Vendola. Si sa, un accordo di programma è uno strumento di coordinamento tra enti pubblici. Quindi, non è una strada che vincola in qualche modo i privati, magari attenti osservatori di questi percorsi di risoluzione delle vertenze occupazionali del territorio. Il silenzio da pesante è diventato vischioso, tanto da aver esasperato i lavoratori che guidati dai sindacati confederati, avevano inizialmente previsto un calendario di manifestazioni culminanti il 28 di questo mese con una mobilitazione alla Prefettura di Bari, per attrarre l’attenzione sulla pericolosità di una tale situazione di abbandono. Invece, già due giorni fa l’assemblea dei lavoratori del sito di Laterza. Ieri, a Ginosa. Tre le motivazioni che hanno spinto i lavoratori a riunirsi per discutere del loro futuro: La preoccupazione per il futuro occupazionale dei lavoratori del sito di Ginosa; l’assenza di un piano industriale; la mancanza di condivisione dei calendari di rotazione. Sì, perché - ha spiegato Vasco – ad oggi, nonostante questo non sia noto alla stampa e ai media, e da mesi, l’azienda applica una forma di blocco produttivo aggressivo: lavoriamo quattro, massimo cinque giorni alla settimana. Purtroppo, la tensione sociale è alle stelle, anche perché questo territorio al confine tra Puglia e Basilicata, tra province di Taranto, Bari e Matera, ha già appreso la lezione della vertenza Miroglio. L’assemblea, ha visto momenti dove la tensione e la preoccupazione per l’elevato rischio di perdita di posti di lavoro l’hanno fatta da padroni. Da più parti si è levata la richiesta di forme di mobilitazioni forti, quali il blocco del traffico dei mezzi pesanti per impedire il rifornimento di viveri e carburante. Grazie anche alla presenza dei delegati sindacali, la situazione è tornata alla calma. Un segnale importante per valutare la gravità della situazione è la partecipazione all’assemblea di ieri pomeriggio. Tutti i lavoratori hanno seguito i lavori assembleari. Le macchine da cucire ieri erano vuote. Alle 7,30 di questa mattina i lavoratori del sito ginosino s’incontreranno ai cancelli per decidere il da farsi. Infatti, da oggi parte il fermo lavorativo, quindi, paradossalmente, la scelta della forza lavoro di scioperare sembrerebbe pesare favorevolmente sui bilanci dell’azienda. Ma ha un peso sociale e politico forte perché lo sciopero in una giornata di blocco produttivo serve per organizzare una riunione presso il sito laertino, dove viene lavorato il materiale successivamente assemblato a Ginosa.
Dopo Miroglio e Tbm, la tensione sociale del versante occidentale della provincia tarantina rischia di peggiorare drammaticamente qualora dovessero aggiungersi anche le tensioni dei siti laertino (448 unità al taglio e circa 50 al magazzino) e ginosino (402) Natuzzi.