Odio questi indifferenti bollettini dal fronte della normalità. I titoli da anni sono sempre gli stessi. Ancora un morto all’Ilva, ancora un suicidio nel territorio, disoccupati e cassintegrati ai piedi dei palazzi. Oggi è stato il turno di Ciro, Ciro Moccia, operaio di 42 anni che stava lavorando su un binario sul piano di carica della batteria 9, una di quelle sottoposte ai lavori di risanamento ambientale. All’improvviso ha ceduto la passerella di carpenteria che sosteneva Ciro a quindici metri di altezza prima di lasciarlo precipitare al suolo. Ciro è morto sul colpo, il suo compagno di lavoro, Antonio Lidi è rimasto ferito e trasportato in ospedale per diverse fratture ed è attualmente ricoverato nel reparto di ortopedia del Santissima Annunziata con una prognosi di 40 giorni. Presto i sindacati proclameranno il solito sciopero di 24 ore che, ripetuto da anni come una cerimonia funebre obbligata non è mai servito a nulla: è soltanto dramma di pochi mesi fa la morte di Claudio Marsella, rimasto schiacciato fra due convogli mentre effettuava una manovra di aggancio. Tutti denunciano e chiedono a gran voce una soluzione – stampa, politica, sindacati e comitati – ma poi tutti restano ancorati alla certezza del mondo conosciuto, perché chi lascia la strada vecchia sa quello che lascia… E così restiamo a contare chi muore sul lavoro e chi muore – manu propria -perché un lavoro non ce l’ha più.
di Michelangelo Zanelli