Taranto – L’Ilva di Taranto annuncia in una nota che «da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro». La decisione è legata al “no” del gip al dissequestro dei prodotti giacenti sulle banchine.
Le maggiori ripercussioni si avranno a Genova e Novi Ligure dove «nell’arco di pochi giorni, da oggi, saranno coinvolte circa 1.500 persone (1.000 su Genova e 500 su Novi Ligure). Il numero di 1.400 dipendenti rimasti senza lavoro «si andrà a sommare – sottolinea l’Ilva – ai già 1.200 dipendenti attualmente in cassa integrazione per le cause già note, quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre». L’Ilva ha anche annunciato che ricorrerà al Tribunale del Riesame, «confidando che la situazione possa essere sbloccata al più presto per evitare, oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all’eventuale smaltimento di tali prodotti che, l’azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili». A Genova, giunta la notizia, è intervenuta subito la Fiom che ha spiegato: «C’è un programma per arrivare fino al 7 gennaio senza bloccare gli impianti - ha riferito Francesco Grondona, segretario provinciale – Alle sette di questo pomeriggio, l’azienda ci ha illustrato un piano di produzione per arrivare fino a quel giorno. Giorno in cui dovrebbe approdare a Genova la prima nave conmateriali non corpo del reato da Taranto. Non sappiamo giudicare questo annuncio dell’ultima ora – ha aggiunto Grondona -. Meglio aspettare domani mattina». Il piano prevede, ha spiegato il responsabile della Fiom genovese, che fino al 24 dicembre si lavorino i rotoli “neri” di laminato (quelli più vecchi). Poi, tra giornate festive, le ferie, una rimodulazione dei contratti di solidarietà e la manutenzione ordinaria dello stabilimento si arriva al 7 gennaio. Quel giorno è previsto l’attracco della nave. Rapidamente, in serata, è intervenuto anche il ministro Clini: «Il Consiglio dei ministri ha deciso che il Governo presenterà un emendamento “interpretativo” al decreto salva-Taranto». Che significa che l’azienda potrà commercializzare quanto prodotto prima del decreto.
«Con l’emendamento – si legge nella nota – si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell’Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell’entrata in vigore deldecreto salva-Taranto e attualmente sottosequestro. Il ministro dell’Ambiente domani mattina presenterà alla Camera l’emendamento governativo.
Ilva, gip dice no a dissequestro prodotti
Dopo aver restituito la scorsa settimana gli impianti dell’Ilva sequestrati all’azienda, in base a un decreto del governo, il gip di Taranto ha oggi però negato il dissequestro di prodotti finiti e semilavorati bloccati dai magistrati nelle scorse settimane. La giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco, lo stesso magistrato che in questi mesi ha autorizzato i provvedimenti contro l’Ilva, ha bocciato la restituzione dei materiali sequestrati nello stabilimento siderurgico e sulle banchine del porto dando così ragione alla Procura tarantina, che la settimana scorsa si era opposta al dissequestro. Secondo la Procura, infatti, il cosiddetto «decreto Ilva» - che in teoria è applicabile anche ad altri siti produttivi di interesse nazionale – non ha un effetto retroattivo sul sequestro di prodotti. A fine novembre, Ilva aveva annunciato la chiusura dello stabilimento di Taranto per «l’impossibilità di commercializzare i prodotti» e degli altri impianti in Italia nel giro di pochi giorni per mancanza di rifornimenti, dopo il sequestro dei prodotti, deciso dai magistrati nell’ambito di un’inchiesta parallela per corruzione (mentre l’inchiesta principale, che aveva portato a fine luglio al sequestro dell’area a caldo, era per disastro ambientale). Il decreto del governo rende possibile al gruppo siderurgico del gruppo Riva, che dà lavoro a circa 20.000 persone, di continuare la produzione di acciaio mentre sono in corso i lavori di bonifica ambientale. Un garante vigilerà sul rispetto delle norme ambientali e a difesa della salute pubblica. La violazione di queste norme comporta multe pecuniarie e può anche portare a un esproprio del sito produttivo.