Ginosa, Castellaneta e Laterza: voto discorde, linguaggi differenti



A Laterza e Castellaneta Pd e Pdl perdono parecchio  ma tengono inalterati i rapporti di forza. A Ginosa invece vince solo Grillo. Persino con un bel po’ di punti in più rispetto alla media nazionale. Così, con la lucidità che concede il tempo della riflessione post-voto l’assioma è presto fatto.  I corollari sono le evidenti sconfitte nel territorio dei due contendenti tradizionali ancora legati alla desueta terminologia politica. Ne fu facile profeta allora il signor G, ne siamo testimoni noi oggi: le categorie destra e sinistra sgonfiate di ogni significato. Eppure è diversa la misura e la forza con cui lo tsunami elettorale ha investito i Comuni del territorio. Le depressioni raggiunte nei numeri ginosini sono state più contenute altrove. A Laterza e a Castellaneta i partiti maggiormente rappresentati nelle istituzioni hanno meglio limitato le perdite, conservando la  loro rispettiva leadership. Il Pdl resta il primo partito a Castellaneta dove, pur subendo una fuoriuscita di consensi del 10%, mantiene un dignitoso 36%. Stessa e identica debacle (- 11%) per il centrosinistra che diventa dopo Grillo il terzo partito del Comune con una quota del 25%. Restano invece nel gradino più basso del podio i grillini di Laterza dove la spunta al fotofinish il partito del sindaco. Anche qui stesse perdite sul campo da parte di entrambi i partiti che consegnano a Grillo il 10% cadauno del proprio elettorato. Ma perché allora tutto questo non è accaduto anche a Ginosa? Partiamo dai numeri. Alle politiche del 2008 il Pdl contava la maggioranza assoluta dei voti: solo al Senato raccolse il 51% dei consensi con 5809 preferenze. Lo scorso 25 febbraio si è fermato invece a soli 3099 voti che si è tradotto in una perdita pari a -23%. Un risultato che, in un feudo che da oltre tre lustri appartiene in maniera indiscussa al Pdl, rappresenta uno sgretolamento assoluto. Per comprenderlo  basti pensare all’ idiosincrasia linguistica tra chi, nel partito, ha sviluppato un nuovo linguaggio locale e chi invece resta fermo agli schemi nazionali. In fondo, meno 23% è oggettivamente una sconfitta. Eppure le affermazioni si dividono tra chi la ammette e chi intona il ritornello nazionale del  “Ci avevate dato per spacciati ma Berlusconi è ancora lì ad un soffio”. Insomma un modo come un altro per non ammettere che si è perso, senza capire che gli elettori sanno ormai distinguere ciò che è vero da ciò che si dice. Tanto più che a Ginosa la sconfitta del Pdl pesa il doppio, visto che non si è stati in grado di esprimere un candidato al Parlamento quale espressione del territorio. Non meno cocente la sconfitta  del Pd ginosino. Anzi, i numeri sono anche peggio per il partito di Bersani a Ginosa dove ha registrato un vero e proprio tracrollo del 49%. Dai 3309 del 2008 ai 1686 dell’ultima tornata il Pd vale oggi a Ginosa solo il 15,6%. Rimane al palo anche il Godot della politica ginosina, ovvero il  Sel di Vendola. Il suo  4,4% non fa altro che sostituire nei voti di coalizione quelli che prese nel 2008 l’altro alleato del Pd, ovvero l’Italia dei Valori. Anche qui permane un problema di comunicazione, di un  linguaggio viscerale troppo legato all’apparato. Il cambiamento non  può arrivare solo invocandolo o provarci con il passo della lumaca quando la società corre come un’indemoniata.   Quante volte i militanti del partito si “sono chiesti cosa non avesse  funzionato” senza mai darsi una risposta? È ovvio allora che si leggono comunicati politici in cui la vittoria di Grillo è data come un fenomeno assolutamente inaspettato. Ma inatteso per chi? Non certo per tutti quei milioni di italiani che l’hanno votato. Forse hanno finto tutti per sminuirne il peso pre-elettorale. O forse è proprio vero che sono caduti dalle nuvole con la bocca spalancata? Possibile che così chiusi nelle loro sezioni o nei teatrini della politica non si siano accorti del ventre rabbioso della gente? La vittoria di Grillo, primo partito a Ginosa (4049 voti pari al 37,7%), così come in tutto il Paese viene da lontano. Da anni di consenso raccolto tra Rete e piazze e teatri. Una combinazione semplice e micidiale nota a tutti i comunicatori della politica. Perché  il silenzio televisivo invoglia la televisione a rincorrerlo e a cercare di strappargli una parola perché ne perdesse il potere. Ma lo staff grillino sapeva dall’inizio come cavalcare fino a Roma trasformando, strada facendo, il desiderio di riscatto di molti nei confronti della politica corrotta, da utopico a possibile. Resta ora da vedere se sarà una possibilità reale.

di Michelangelo Zanelli





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