Pierluigi Strada il profumo della terra l’ha respirato sin da quando era piccolo. A Ginosa, in provincia di Taranto, tra gli agrumeti, gli oliveti e i campi di cereali dell’azienda di famiglia ci è nato nel 1972. E cresciuto. Ma di fare l’agricoltore non ci pensava proprio. Lui voleva fare l’avvocato. Andare in tribunale e fare le sue arringhe, «ero convintissimo»
LAUREA E LAVORO ALL’ESTERO. E così dopo la laurea in giurisprudenza a Bari ha iniziato a fare la carriera che aveva sempre sognato. Con una borsa di studio è arrivato sino a Bruxelles. Era un avvocato all’estero. Era entusiasta. Con la sua valigetta 24 ore ha varcato i tribunali e gli studi legali della capitale belga e per qualche anno ha esercitato la professione.
SENZA CONTRATTO FISSO. «Ma i contratti di lavoro nei vari studi legali erano sempre più precari», racconta, «spesso me li rinnovavano di mese in mese».
Uno stress economico che si aggiungeva a quello psicologico di svolgere una professione sempre più pesante, «i tribunali sono un ambiente malsano, ti distruggono». Così per svagarsi nei week end Strada andava in Olanda. Ed è lì che ha avuto l’ispirazione: «Voglio coltivare l’erba».
COLTIVARE PRATO A ROTOLI. Non quella che si vende nei coffee shop, bensì quella dei prati. Che in Olanda è un vero e proprio business. «Insieme con l’Inghilterra sono i più grandi produttori del settore». Dopo averne parlato con la sorella, laureata in agraria e insegnante a Ginosa, Strada ha iniziato a visitare le aziende degli imprenditori olandesi di prato a rotoli. «E ho capito che quello sarebbe stato il mio lavoro». In Olanda per carpire i segreti, poi nel 2001 la prima semina. Nel 2001 Pierluigi Strada e la sorella hanno fondato Plantec, azienda agricola che produce prato a rotoli. Per alcuni mesi ha cercato di carpire tutti i segreti del mestiere: «Lì erano 15 anni avanti a noi», ricorda, «e in Italia erano poche le aziende del settore». Poi è tornato a casa, e con la sorella ha aperto Plantec, la sua azienda. Era il 2001 quando ha fatto la prima semina: «Abbiamo fatto un test su due ettari e mezzo». I due fratelli erano però già consapevoli che quello sarebbe stato l’unico business possibile.
MACCHINARI PRESI IN LEASING. Hanno mantenuto infatti una parte della terra coltivata ad agrumi e cereali, «ma è un disastro», raccontano, «con la concorrenza spietata che c’è, soprattutto dal Marocco, e il costo di raccolta». Strada l’ha subito detto in famiglia: «Il pane non ce lo darà il grano, ma il prato».
Dopo un anno, la prima vendita di prato a rotoli, a marchio Pratoplà, gli ha dato ragione. «All’inizio è stata dura», dice l’imprenditore che non ricorda neanche quante cambiali ha firmato all’inizio per comprare i macchinari: le falciatrici da prato le ha prese in Italia, la macchina per raccogliere il prato, la zollatrice, l’ha acquistata in Olanda in leasing.
FINANZIAMENTI TROPPO LENTI. Come tutti gli agricoltori ha provato anche a ottenere finanziamenti dall’Unione europea, ma i tempi erano troppo lunghi: «Se avessi aspettato che arrivasse qualche contributo non sarei mai partito». Così Strada ha preferito rischiare: «Se hai un’idea valida devi realizzarla subito, cogliere l’attimo».
Il settore stava, infatti, registrando un boom proprio in quel periodo, «10 anni fa era una novità e si guadagnava anche il doppio rispetto a oggi, non potevamo aspettare».
AZIENDA DA 420 MILA EURO. Le prime commesse sono state nel settore sportivo: «Abbiamo rivestito due campi da calcio in Albania». Ha iniziato a coltivare 20 mila metri di prato e il primo fatturato è stato di circa 40 mila euro. Oggi sono 420 mila quelli seminati. E nel 2011 l’azienda ha chiuso con 420 mila euro.
Avevano un dipendente, ora hanno una segretaria e 10 lavoratori stagionali, perché «da aprile a luglio si vende l’80% della produzione annuale ed è allora che abbiamo bisogno di più personale».
QUALITÀ CONTRO LA SFIDA. Negli anni l’azienda si è specializzata, si è coltivata una propria clientela, «che è molto esigente». Migliorare la qualità è un obiettivo quotidiano per resistere alla concorrenza che negli anni è diventata sempre più agguerrita. «Oggi sono un centinaio le aziende del mio settore». E per tenerle testa, senza dover abbassare troppo i prezzi, Strada sperimenta sempre nuovi prodotti. «Abbiamo investito molto nelle diverse qualità di prato». Come per esempio «quello che resiste all’acqua salmastra, molto richiesto dagli stabilimenti balneari o da chi ha una casa vicina al mare».
Formazione per insegnare le ultime tecniche
“All’inizio è stata dura”, dice Pierluigi Strada che non ricorda neanche quante cambiali ha firmato all’inizio per comprare i macchinari dell’azienda.
Ma di solo erba non si vive, così intorno alla produzione del prato a rotoli Strada ha costruito un altro business, fatto di servizi. «Proponiamo corsi per insegnare ai giardinieri le nuove tecniche di gestione e installazione dei prati». Insomma formazione e qualità per riuscire a sostenere i costi e soprattutto pagare le bollette e le tasse.
TASSE E SPESE STROZZAIMPRESE. Nel mondo dell’agricoltura è infatti questa la vera spada di Damocle: «I costi energetici per produrre il prato sono altissimi: per irrigare i campi abbiamo dovuto fare tre pozzi e mettere tre pompe da 25 kilowatt». All’inizio Strada faceva affidamento su un servizio pubblico del Consorzio di bonifica che avrebbe dovuto occuparsi dell’irrigazione dei campi degli agricoltori, «dovevamo solo pagare un canone per usare gli impianti», ricorda, «che però non hanno mai funzionato».
LA LOTTA CON IL CONSORZIO. Eppure ogni anno puntuale arriva la cartella del Consorzio: 7 mila euro. Che Strada si rifiuta di pagare e ogni volta fa ricorso alla commissione tributaria. «Vinco sempre perché è chiaro a tutti che quel servizio non funzioni». Ma ciò nonostante, dopo il disservizio la beffa: «Mi hanno ipotecato gli immobili». Per questo l’imprenditore ha deciso di fare causa al Consorzio. «È la democrazia che uccide gli imprenditori più della crisi del mercato», dice sconsolato. Per fortuna Strada è stato un avvocato e sa difendersi bene. Anche se ormai quella vita passata nei tribunali non la rimpiange più.
(Fonte “Lettera43″)